lunedì, Novembre 25, 2024
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TECNOLOGIA E GIOVANI: CERVELLI IN TILT



Società grigia: Siamo connessi o disconnessi?

DI Daniel Ray Acunzo

Negli ultimi decenni siamo stati letteralmente invasi da nuove tecnologie, metodi sempre più veloci di comunicazione e di intrattenimento digitale. A partire dalle prime uscite di Apple One negli anni ’80, arrivando ad oggi con MacBook Air 13 le generazioni di quest’epoca hanno vissuto una vera e propria era digitale. Dalla lettera inviata per posta, che impiegava giorni per arrivare al destinatario, alla messaggistica istantanea dove due o più persone possono comunicare tra loro in un lasso di tempo inferiore ai secondi. È assodato che ormai, dispositivi elettronici di qualsiasi genere, sono entrati a far parte della vita di tutti i giorni. Siete sicuri, però, che questo sia sempre un bene? L’evoluzione in campo digitale ha portato solo benefici nella nostra cultura?  Ma specialmente, qual è stato l’impatto sui giovani?
E’ bene sapere che l’abuso, come in ogni cosa, porta a degli scompensi e che quindi, anche la stessa tecnologia, di per se, usata in eccesso può portare a gravi problemi di salute. Difatti, il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dalle nuove tecnologie tanto da arrivare a controllare in media lo smartphone 75 volte al giorno. Addirittura il 7% lo fa fino a 110 volte al giorno. È quanto emerge da un recente sondaggio online condotto dall’Associazione Di.Te. (Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullismo) su un campione di 500 persone di età compresa tra i 15 e i 50 anni. E purtroppo anche gli adulti non hanno comportamenti molto diversi. Il 49% degli over 35 non sa stare senza cellulare, verifica se sono arrivate notifiche o messaggi almeno 43 volte al giorno, di cui un 6% arriva a sfiorare le 65 volte, e di stare 3 ore senza buttare un occhio sullo schermo non se ne parla per il 58% di loro. Questi dati, ad oggi, sono nettamente allarmanti, poiché le persone sempre di più si ritrovano isolate nel loro mondo, a cui accedono per mezzo di cuffie e display; alcuni adolescenti stanno ore intere isolati dal mondo che li circonda, vivendo le loro giornate in posti virtuali che, secondo la loro percezione, fanno parte del mondo reale. Ecco, quindi che l’uomo, si può dire, si sta disumanizzando in un processo che tutt’ora continua a verificarsi. Le persone hanno dimenticato cosa significa andare lenti: la velocità è entrata a far parte della vita di tutti i giorni e sta dilaniando i rapporti sociali. Non si gode più l’attimo presente. Il cervello si è abituato alla rapidità della società odierna detta anche ipercomplessa dove si è perso il gusto della semplicità. Il mondo si incupisce, anche nella nostra piccola realtà qual è quella isolana, vivendo già una limitazione imposta dal mare, ci sono persone chiuse in casa per giorni, alle volte per mesi, perché abbattute da proprie convinzioni, perché scartate dalla società, si lasciano trasportare in quello che è il luogo più sicuro dove potersi rifugiare, il web. Ecco dove si sviluppa anche il ‘’Cyber Bullism’’, fenomeno che nasce poiché le persone, oggi non si accettano veramente e non sono propense a leggersi dentro, quindi la strada più facile che utilizzano è quella di crearsi un personaggio virtuale dove si nascondono per non mostrare le proprie fragilità. Basti pensare al fatto che un dispositivo elettronico sia inanimato e non trasmetta alcun tipo di emozione. Le emoticon, ovviamente, sono emulazioni di espressioni di vita quotidiana ma che non rispecchiano sempre la realtà. Quindi, ognuno le utilizzerebbe a proprio ‘’piacimento’’ per creare un proprio stato d’animo. Ecco da dove, poi, iniziano a subentrare disturbi psichici correlati al comportamento.  Il progresso degli strumenti tecnologici ci spinge, quindi, a pensare sempre più rapidamente e, abituati ad ottenere tutto e subito, non si è più in grado di sopportare le piccole frustrazioni quotidiane. La soddisfazione immediata ha accresciuto la fragilità dell’essere umano, che diventa sempre meno capace di sopportare le delusioni. L’antidoto a tutto ciò è la lentezza, che aiuta a coltivare la pazienza e a sopportare le insoddisfazioni. La società del tutto e subito, laddove il desiderio sta scomparendo, può rivelarsi dannosa: si può cadere nella dipendenza di non poter fare a meno di un computer o di uno smartphone per stare sempre connessi. Mentre viviamo in un mondo che va veloce, e mentre rincorriamo la velocità, perdiamo l’uso dei sensi nel nostro vivere quotidiano. Divoriamo il tempo, il cibo, le relazioni, consumiamo velocemente, e questo consumo ci distanzia da noi stessi, dai nostri sensi, in quanto questi sono iperstimolati artificialmente. I nuovi strumenti di comunicazione creano nuove patologie: iperstimolazione, difficoltà di apprendimento, disturbi d’ansia. Siamo più distratti, assenti, non siamo più connessi a noi stessi, al mondo circostante. Una delle conseguenze, possiamo dire, è il fatto che la famiglia stia scomparendo.  Siamo dell’idea che educare un figlio è programmarlo come se fosse una macchina e non coltivarlo, nella libertà di potersi esprimere, come se fosse un seme che un giorno non si limiti a rimanere tale e ad essere divorato dalla società, ma cresca per diventare un frutto ricco e prolifero.  In questa epoca, la famiglia sta educando la prole alla società grigia, poiché i genitori, sempre distratti, non trasmettono nulla, eccetto che divisioni e tensioni. Grigia poiché vuota, senza colori. Stare a tavola si è limitato ad un semplice sedersi, nutrirsi di piatti freddi, e non sto parlando di un ‘’prosciutto e mozzarella’’, ma di piatti preparati senza il senso dello stare insieme. E mentre i principi umani e morali scompaiono, la comunicazione evolve diminuendo le distanze fisiche tra le persone, aumentando però quelle dell’anima. Il progredire di queste ideologie porterà l’essere umano alla più grande involuzione della storia. Dobbiamo stare attenti, perché quello che noi stessi abbiamo creato non ci porti all’autodistruzione. Bisogna ponderare gli usi e far crescere le relazioni nella verità, senza la paura di mostrare chi realmente siamo. Vi auguro, quindi che sia un anno di aperture al mondo, alla vita, alla famiglia, ai sogni, al coraggio, all’altro. Vi auguro di chiudere il telefono e di aprire il cuore.

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