sabato, Novembre 23, 2024
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GIUSEPPINA DI GUIDA: “QUALE SCUOLA? QUALE LAVORO? I PILASTRI SU CUI COSTRUIRE IL CAMBIAMENTO”



di Giuseppina Di Guida, Dirigente dell’I.I.S. “Cristofaro Mennella” di Ischia

Candidata alle Elezioni Regionali con De Luca Presidente nella Lista “Democratici e Progressisti”

 “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” (art. 1 Costituzione Italiana). “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.(art. 3 Costituzione Italiana). Eppure la scuola in Italia ha smesso da tempo di essere un ascensore sociale. Nonostante lo sforzo immane delle comunità professionali che la animano ,   diventa sempre più difficile colmare le disuguaglianze sociali, economiche e culturali che oggi vengono sintetizzate nella nuova categoria di “povertà educativa”. I dati statici sono purtroppo impietosi e non lasciano spazi a dubbi sulle emergenze da affrontare nei prossimi anni. Oltre 1,8 milioni di famiglie italiane in povertà assoluta per un totale di 5 milioni di individui,  di cui oltre 2 milioni e 350 mila nel Mezzogiorno.  La bassa crescita economica, la formazione e l’istruzione inadeguate al livello europeo e internazionale di innovazione e di competitività danno luogo a fenomeni differenti, ma che hanno in comune la stessa matrice. Gli ultimi dati Eurostat e dell’ISTAT parlano di oltre 3 milioni di NEET (Not in Education, Employment or Training) in Italia, un triste primato dei giovani italiani tra i 20 e i 34 anni la cui incidenza è del 28,9% su una media europea del 16,5% e del 17,2% nell’Eurozona. Le partenze per la mobilità interna e transnazionale  interessano fortemente gli italiani giovani e nel pieno delle loro energie vitali e professionali. Si tratta soprattutto di single o di nuclei familiari giovani che si spostano nella maggioranza dei casi non per scelta, ma perché respinti da un contesto di relazioni  economiche e professionali e da un mercato del lavoro che non sono stati in grado di valorizzarli. La mobilità in sé è un’opportunità, ma raggiunge la sua completezza solo quando è circolare, ovvero nel continuo e proficuo scambio tra realtà nazionali tutte parimenti attraenti – anche per motivazioni diverse – per i lavoratori di qualsiasi settore e di qualsiasi livello. La mobilità degli Italiani, soprattutto del Sud,   assume invece spesso la caratteristica di movimento unidirezionale dal territorio di origine verso altri territori, salvo invertire temporaneamente la direzione nei mesi estivi per il cosiddetto “turismo di ritorno”.  Secondo l’ISTAT negli ultimi dieci anni la Campania ha perso quasi 50mila giovani con un alto livello di istruzione. E oltre 50mila ragazzi con un livello di istruzione medio-basso che si sono trasferiti altrove in Italia. A questo dato vanno aggiunti  altri 10 mila giovani che hanno scelto l’estero, per un totale di oltre 100.000 persone. Lo sviluppo del capitale umano non trova rispondenza nell’attuale mercato del lavoro, persistono da anni profonde differenze strutturali nella relazione tra domanda e offerta di lavoro, con l’aggravante che cedendo risorse qualificate alle altre regioni, la Campania vede fortemente limitate le proprie possibilità di sviluppo. Per raggiungere il tasso di occupazione del Centro-Nord la Campania dovrebbe avere migliaia di posti di lavoro  in più.  Per invertire la tendenza alla dispersione del grande patrimonio umano giovanile della Campania occorre avere la capacità di  attirare i giovani verso il territorio di origine, investendo  su di essi,  trasformandoli  in protagonisti dei processi di crescita e di miglioramento e di  ri-attirare quei professionisti che hanno arricchito il loro bagaglio umano, culturale, linguistico e professionale con un periodo trascorso in un’altra realtà regionale o nazionale. La “rete” per i  saperi e le conoscenze,  già esistente in alcune realtà eccellenti del territorio campano,   deve diventare il motore essenziale di una Campania che scommette sulle giovani generazioni  per annodare le nostre scuole, università e centri di eccellenza alla crescita e alla formazione del cittadino, sin dalla più tenera età, giacché formazione ed alta formazione rappresentano i  cardini della coesione sociale e territoriale dell’intero Paese.

I 10 pilastri su cui costruire un sistema formativo moderno, innovativo, solidale, sostenibile

  1.  realizzare  asili nido in tutti i Comuni della Regione Campania e in prossimità di aree ad alta densità occupazionale per favorire la conciliazione tra tempi del lavoro e tempi di vita delle famiglie;
  2.  moltiplicare le sezioni di Scuola dell’infanzia per il sostegno alla genitorialità e per l’inserimento precoce dei bambini e delle bambine in percorsi di socializzazione, creatività, psicomotricità e apprendimento;
  3.  garantire il tempo pieno nella scuola primaria e il tempo prolungato nella secondaria di primo grado, attraverso una pianificazione di spazi necessari, di risorse professionali e dei servizi in grado di assicurare il diritto di tutte le bambine e di tutti i bambini ad una formazione continua e di qualità; 
  4. impegnare risorse per la messa in sicurezza degli edifici scolastici già esistenti e per la costruzione di nuovi,  con spazi dedicati alla didattica tradizionale e a quella laboratoriale,  allo sport, alla promozione di incontri e dibattiti,  in grado di soddisfare il bisogno di cultura e di confronto delle giovani generazioni con il mondo della società civile e delle professioni;
  5. superare il divario tra le unità di personale scolastico in servizio nelle scuole del Nord e quelle assegnate alle scuole del Sud,  un divario ancora in negativo con pesanti ricadute sul diritto allo studio dei soggetti “fragili”;
  6. ridurre il precariato di docenti e ATA, prevedendo la possibilità su base volontaria di essere confermati sulla stessa sede di servizio,  al netto di tutte le operazioni di assunzioni, trasferimenti, assegnazioni e utilizzazioni del personale di ruolo;  
  7. introdurre stabilmente  all’interno delle scuole nuove figure professionali, quali medico scolastico, psicologo di comunità, educatori, councelor, mentor, animatori  in grado di supportare il personale  nella  gestione di bisogni formativi sempre più complessi;
  8. rivedere i criteri di individuazione delle autonomie scolastiche ,  riconoscendo il diritto ad un dimensionamento “sostenibile”  alle scuole delle piccole isole, delle aree interne e delle aree urbane e periferiche ad alto rischio psicosociale e azzerando il fenomeno delle scuole sottodimensione affidate in reggenza;
  9. promuovere i percorsi di apprendistato di primo e secondo livello per   una formazione integrata tra scuola, le Università, i centri di Alta Formazione  e  il mondo delle imprese “virtuose”e realmente innovative;
  10. sviluppare l’istruzione terziaria  (I.T.S.) e l’offerta di formazione professionale nei settori chiave della logistica, dell’artigianato, del turismo, del welfare, delle relazioni di aiuto, dell’innovazione digitale, della filiera agro-alimentare, della valorizzazione delle risorse ambientali e culturali.

La pandemia Covid-19 ha messo in evidenza la capacità delle scuole della Campania di reagire al lockdown con creatività e  tempestività, affrontando le sfide della Didattica a distanza  (DAD) pur di garantire il diritto allo studio di migliaia di studenti. Nell’attuale fase in cui ci troviamo, una fase dai contorni indefiniti e di persistente incertezza, alle scuole è richiesto uno sforzo organizzativo straordinario per ripensare spazi e tempi dell’apprendimento, nonché per riattivare i processi di inclusione e di socializzazione gravemente compromessi durante il lockdown. La pandemia può essere l’occasione per abolire le “classi pollaio”, per moltiplicare le autonomie scolastiche riportando a numeri sostenibili gli istituti che in questi ultimi anni erano arrivati ad accogliere platee di studenti sempre più numerose, per rendere fruibili alle scuole spazi non utilizzati del patrimonio edilizio degli Enti Pubblici, per praticare l’idea di una scuola diffusa sul territorio nei luoghi dove si fa cultura, nelle aree dismesse della città opportunamente riqualificate e nelle aree ad alto interesse archeologico, storico e naturalistico. Quali saperi e quali conoscenze occorreranno per la ripartenza? Per  proteggere il pianeta, i suoi ecosistemi, la sua biodiversità, che, nell’insieme, rappresentano il bene comune di tutta l’umanità, serviranno importanti investimenti pubblici, atti a sostenere non solo lo sforzo delle scuole, ma anche per e aziende pronte ad abbandonare i precedenti e superati modelli produttivi per prepararsi alla  svolta epocale prevista dal New Green Deal in Europa. Nessuno deve essere lasciato fuori da questa trasformazione. E’ un diritto di tutti e di ciascuno poter sviluppare le proprie capacità, il proprio progetto di vita all’interno di una prospettiva socio-culturale ormai ben delineata, in una circolarità di  saperi, partecipazione alla vita democratica, contributo attivo allo sviluppo del proprio territorio. È prioritario, quindi,  mettere in primo piano la riduzione della “povertà educativa”, le disuguaglianze sociali e di genere, la transizione ecologica, ovvero nuove modalità di vivere, alimentarsi, consumare e produrre, che rappresenteranno il cuore di questa auspicata rinascita umana, culturale, sociale, economica ed ecologica. E’ necessario investire nella scuola al fine di  ridurre le disuguaglianze,  sin dai primi anni del percorso scolastico. Bisogna mirare sempre più  ai saperi e alle conoscenze che rendano “capaci” di  gestire in modo  responsabile e sostenibile il capitale naturale, patrimonio di tutti, cui è strettamente associato quello culturale, unico al mondo.  Bisogna  puntare ad un’educazione di qualità, in tutti i settori dell’istruzione e della formazione,  in grado di aumentare sostanzialmente il numero di giovani e adulti che abbiano le competenze necessarie, incluse le competenze tecniche e professionali, per l’occupazione, un lavoro dignitoso,  per l’imprenditorialità. Nei prossimi cinque anni servirà  una regia più forte della Regione Campania, per la creazione di reti, infrastrutture e network tra le scuole, le parti sociali, gli Enti di Ricerca e le Università per dare impulso ad un’innovazione partecipata della didattica. Le politiche educative e formative  dei prossimi anni dovranno necessariamente essere incentrate sull’innovazione, sull’inclusione dei soggetti “fragili”, sulla piena occupazione  dei giovani nei  settori strategici dell’ Italian Style, della dieta mediterranea, delle città verdi,  del turismo sostenibile, della valorizzazione del patrimonio  paesaggistico, ambientale, storico-culturale,  sinteticamente  definiti  settori della green & blue economy,  nell’ottica della sostenibilità e  del benessere sia individuale  che collettivo. 

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