Sulla scottante e delicata questione delle demolizioni che dovranno essere eseguite dalla Procura della Repubblica a seguito di sentenze di condanna e/o di patteggiamento interviene anche il Presidente del Consorzio dei 37 Distretti Turistici della Regione Campania sottoscrivendo il documento predisposto dall’avvocato Gino Di Meglio. Si tratta di un autorevole intervento di respiro regionale che, si spera, possa essere ascoltato dalla Politica. Si chiede che la sanzione della demolizione sia considerata sanzione penale e che quindi possa essere messa in esecuzione entro i cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna e/o di patteggiamento. Nelle ultime ore è stata lanciata anche una petizione che riportiamo di seguito.
IL DOCUMENTO
Ill.mo Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Ministro della Giustizia A
i Parlamentari Nazionali
Il sottoscritto Vincenzo Marrazzo, nella sua qualità di Presidente/Coordinatore dei Distretti Turistici della Regione Campania espone:
La demolizione della casa di abitazione della famiglia DE SIANO, eseguita alcuni giorni fa nel Comune di Forio, ad opera della Procura della Repubblica di Napoli, rende ancora più di attualità una questione che rappresenta certamente un grave problema sociale. La Procura ha ritenuto di dare corso all’esecuzione della demolizione nonostante la grave crisi determinata dalla pandemia e nonostante l’intero territorio campano sia stato inserito tra le “Zone Rosse”. Basti pensare che soltanto nella Regione Campania le R.E.S.A., cioè gli ordini di demolizione che vengono adottati dalla procura della Repubblica a seguito di sentenze di condanna e/o di applicazione pena ex art. 444 c.p.p. (c.d. patteggiamento) sono oltre 70.000! Peraltro fino ad oggi è capitato che le demolizioni eseguite hanno riguardato quasi esclusivamente fabbricati destinati a prima abitazione. Con la conseguente creazione di nuove sacche di emergenza abitativa. Lungi dal fare apologia all’abusivismo edilizio, è tuttavia necessario comprenderne a pieno il fenomeno e la sua genesi.
L’assenza di pianificazione urbanistico/territoriale che per anni ha caratterizzato i territori del meridione d’Italia (a titolo esemplificativo: il Comune di Forio – uno dei sei comuni dell’isola d’Ischia – solo nel mese di gennaio scorso ha approvato il Piano Urbanistico territoriale!) ha costretto le popolazioni a violare le normative per dare risposte concrete alle esigenze abitative. Alla mancata regolamentazione dei territori si aggiunga che la politica di edilizia economica e popolare e/o di edilizia economica convenzionale, latita da tempo, e gli ultimi interventi sono risalenti di molto nel tempo. Non va trascurato un ulteriore dato: da anni giacciono presso gli uffici comunali migliaia di domande di condono edilizio che attendono di essere evase; ma la semplice presentazione dell’istanza con il pagamento dell’oblazione e degli oneri non rappresenta, purtroppo, un motivo ostativo per la revoca e/o sospensione delle ordinanze di demolizione emesse dalla Procura della Repubblica.
Per vero, il più delle volte, come è capitato per molti casi sull’isola d’Ischia, le concessioni edilizie in sanatoria, sono state disapplicate dai PM e dai Giudici dell’esecuzione. Alla luce di ciò appare non rispondente a criteri di giustizia, oltre che ai principi sovranazionali più volte ribaditi dalla Corte Europea, illogico ed irrazionale consentire l’esecuzione delle R.E.S.A anche ad oltre venti anni dalla sentenza di condanna e/o di patteggiamento. Le R.E.S.A. che si stanno eseguendo in questi giorni nella Regione Campania, afferiscono, quasi tutte, a sentenze di oltre 15 o 20 anni fa, e senza rispettare il criterio della gradualità che pure era stato previsto dal c.d. “protocollo Riello” Tale atto, ritenuto purtroppo “atto interno” dalla Suprema Corte di Cassazione, che prende il nome dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli Dott. Luigi Riello, prevedeva una serie di criteri per la individuazione degli immobili da demolire, secondo un ordine di decrescente priorità.
Purtroppo nella pratica tale atto è stato del tutto disatteso ed il più delle volte le ruspe hanno demolito proprio manufatti ultimati da tempo, di modeste dimensioni plano-volumetriche, e destinati a prima ed unica casa di nuclei familiari. È giusto che coloro che si sono posti contra legem, ne sopportino le conseguenze, ma è altrettanto giusto, anzi sacrosanto, che la sanzione della demolizione venga eseguita entro un lasso temporale ragionevole dalla sentenza che l’ha prevista! Purtroppo l’evoluzione giurisprudenziale che si è venuta formando negli ultimi anni, in assenza di esplicita e chiara disposizione legislativa, ha qualificato la sanzione della demolizione, quale sanzione amministrativa, in netto contrasto con i principi affermati dalla Corte Europea (per tutte cfr. sentenza del 27 febbraio 2008 – Hamer c. Belgio), nella quale si sottolinea, appunto, che “l’ordine di demolizione per un abuso edilizio costituisce sanzione penale”.
Militano nei sensi di cui sopra, numerosi interventi della Corte sovranazionale oltre che principi di logica e giustizia sostanziale. La sanzione della demolizione conseguente all’accertamento del fatto-reato e quindi alla sentenza di condanna, è sanzione penale e non amministrativa. Si impone quindi l’approvazione delle seguenti disposizioni, che forniscano l’interpretazione autentica dell’art. 31, comma 9, del DPR 380/2001 (ordine di demolizione) e dall’art. 181 del d.lgs. n. 42/04 (ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi). Si chiede pertanto alla luce di quanto esposto che le Autorità in indirizzo vogliano considerare di predisporre l’iter ed assumano ogni iniziativa per l’approvazione delle seguenti disposizioni: All’articolo 31 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, va aggiunta la seguente disposizione dopo il comma 9-bis. “9-ter. L’ordine di demolizione impartito dal giudice penale ha natura di pena accessoria. A tale sanzione si applica l’art. 173 c.p.” All’articolo 181 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, va aggiunta la seguente disposizione dopo il comma 2. “2-bis. L’ordine di rimessione in pristino di cui al presente articolo ha natura di pena accessoria. A tale sanzione si applica l’art. 173 c.p.” La modifica auspicata non è certamente un “condono edilizio tombale” o “mascherato”. Gli abusi edilizi saranno comunque e sempre perseguiti, ma nel rispetto del limite temporale dei cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna e/o di patteggiamento.
LA PETIZIONE