di Gennaro Savio
“Gennaro, buongiorno. Volevo comunicarti che Vincenzo Mattera ci ha lasciati”. Con questo messaggio freddo ed addolorato seguito da faccine lacrimanti inviatomi su whatsapp alle prime ore dell’alba, l’amico Giovanni Esposito, meglio conosciuto come “Giovanni di Cecilia”, mi ha fatto letteralmente raggelare il sangue nelle vene. Un risveglio da incubo per chi come me ha avuto l’onore, il pregio e la fortuna di conoscere come amico e come collega, Vincenzo, storico cameriere del ristorante da “Cecilia”. Ero giovanissimo quando ho cominciato a lavorare presso la pizzeria della signora Cecilia, affiancata all’epoca dal Maestro pizzaiolo Gaetano Fazio. Erano i mitici anni ’80, e nei mesi estivi per poter mangiare in quello che era uno dei locali più accorsati dell’isola d’Ischia, spesso la sera dovevi attendere in fila per ore. Ben tredici eravamo i camerieri che servivano a tavola. Tra questi Vincenzo Mattera, che assieme a Luigi Iacono, (attuale gestore del Ristorante da “Pirozzi”), Massimo Di Scala e Pasquale Giacca costituivano la cosiddetta vecchia guardia ai cui ordini c’era una nutrita schiera di ragazzini come me. Quello che mi colpì subito di Vincenzo, furono le sue straordinarie ed impareggiabili doti umane ed il suo innato altruismo. La sua incredibile bontà d’animo lo rendeva un uomo fuori dal comune e chi lo ha conosciuto può testimoniarlo. Taciturno e di poche parole, con i fatti e nel silenzio aiutava tutti coloro che per un motivo o per un altro potevano trovarsi in difficoltà. Dai colleghi ai clienti, dagli amici agli sconosciuti. E a tal proposito non potrò mai dimenticare che grazie alla sua umanità e alla proverbiale disponibilità della signora Cecilia, quel ristorante era diventato meta fissa dei poveri e dei bisognosi dell’epoca che trovavano per loro sempre un pasto caldo disponibile. “Venite a mezzogiorno in punto, mi raccomando”, diceva loro Vincenzo nel mentre, col sorriso che gli illuminava il viso per la soddisfazione di poter aiutare concretamente gli ultimi della società, gli dava un’amichevole pacca sulla spalla. Non potete immaginare quanto amava dialogare con queste persone e la gioia che queste ultime provavano nel sentirsi così adorate e benvolute da Vincenzo. “Graziuccia e papot”, il fratello e tanti altri, grazie alla bontà d’animo di Vincenzo, per qualche minuto si sentivano al centro del mondo, al centro dell’attenzione, parte integrante di una società che spesso riservava loro sfottò ed isolamento. Racconto questi aneddoti perché sono convinto riescano a dare bene il senso delle sue straordinarie ed impareggiabili doti umane. Per quanto mi riguarda, difficilmente mi è capitato di incontrare una persona così buona come Vincenzo il cui carattere e la cui bontà ricordano tanto mia madre Maria. Per le mie idee comuniste e per le discussioni che animavano il dibattito tra colleghi, Vincenzo mi soprannominò il “Sovietico”. Per l’esempio di vita per cui è stato un autentico Maestro, oggi Vincenzo meriterebbe titoloni di giornali e prime pagine in tv, ma i buoni non fanno notizia in questa società infame contraddistinta da cattiverie e disumanità, ed io sarò uno dei pochi, se non l’unico, a farlo. Caro Vincenzo, tua vita è stata una grande lezione di bontà per tutti noi. Grazie per avercela impartita con l’umiltà e la semplicità che ti hanno sempre contraddistinto. Grazie per avermi onorato della tua sincera amicizia. Grazie per tutti i consigli che mi hai sempre dato. Grazie infinite per la stima che mi hai riservata e che era reciproca. Grazie mille di vero cuore per aver sempre apprezzato il mio operato politico, sindacale e sociale a difesa degli ultimi della società. “Gennà, certo che ci vuole un grande coraggio ad agire come fai tu, a metterti contro i potenti. Fai attenzione e pensa anche un po’ a te”, mi ripetevi ogni qualvolta ci incontravamo. E quelle strette di mano forti e decise che seguivano alle tue raccomandazioni, mi davano il senso della stima e dell’apprezzamento che avevi per la mia persona. Ancora grazie Vincenzo. Continuerai a vivere in eterno nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di conoscerti, e di chi, come me, ti ha voluto tanto bene. Che la terra ti sia lieve, caro Amico mio. Alla moglie Ute, al figlio Fabio, al fratello Franco e a tutta la sua straordinaria famiglia, esprimo sinceri sentimenti di cordoglio.