martedì, Novembre 26, 2024
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ATTENZIONE AD UNA CHIESA CHE AMA LE CIPOLLE D’EGITTO – UNA RIFLESSIONE DI DON CRISTIAN SOLMONESE



ATTENZIONE AD UNA CHIESA CHE AMA LE CIPOLLE D’EGITTO

#lafedealtempodelcoronavirus

Una riflessione di Don Cristian Solmonese

Dal primo giorno che siamo stati immessi in questo deserto (lo abbiamo invocato tante volte e adesso che ci siamo veramente siamo in crisi), dal primo momento che abbiamo cominciato a digiunare, sono sempre stato una persona che ha avuto il coraggio di dire che questa è una grande opportunità nella nostra vita. Il nostro sistema umano e religioso purtroppo stava implodendo. Per chi ha fede sa che la quaresima che abbiamo iniziato quest’anno è speciale e unica; per chi sta pregando, per chi sta studiando e meditando, tanti segni stanno emergendo in questo tempo, tantissime tracce di vita che nell’umanità e nella chiesa stanno saltando fuori come funghi. Questo nostro tempo sta smascherando molte cose che noi non possiamo non valorizzare. Come vive la chiesa tutto questo? Intendiamoci: io per chiesa non intendo l’edificio/mura che molti di noi anelano riaffollare (senza dimenticarci da quanto tempo che non era più affollato). Come sempre gli uomini riducono le domande alte di Dio in domande piccine. Sempre nel vangelo assistiamo a questa piccineria della fede: il Maestro ha chiesto ai suoi discepoli sempre di far uscire dal loro cuore domande altre e domande alte nella vita e puntualmente egli si è incontrato con domande piccine piccine. Potete rileggere molti passi del Vangelo in questo momento che vi facciano capire come gli uomini e i discepoli hanno rivolto domande piccine al Maestro. Sembra che questa cosa continui ancora nella vita di oggi. Quali sono state le nostre domande a Dio in questo tempo? Quali richieste siamo stati capaci di rivolgere e stiamo rivolgendo a Dio in questo momento? A me sembra che nel confronto tra chiesa (per Chiesa ricordo intendo tutti non solo “i dirigenti”) e governo ci sia un punto fondamentale: messa con i fedeli si, messa con i fedeli no. Come tutte le cose umane, anche questa grande opportunità si sta riducendo a dare delle risposte semplici e piccine. Ricordate il grande sinodo sulla famiglia? Tutto ridotto ad una domanda: comunione ai divorziati risposati si, comunione ai divorziati no? Ricordate il grande sinodo sull’Amazzonia? Ridotto a: viri probati si, viri probati no? Penso che ancora una volta il Covid19 non solo stia manifestando la nostra incapacità umana ma anche la nostra piccolezza mentale. Il deserto ci sconvolge, ci fa paura, è una prova e come tutte le prove esso ci fa fare almeno tre passaggi: smascherare, conquistare e ritornare.

Smascherare: nella mia prima meditazione in questo tempo avevo usato un’immagine biblica, un versetto che mi era balzato alla mente: digiuneranno quando lo sposo sarà loro tolto. Israele nel suo Esodo Biblico e nei suoi continui deserti (il deserto dopo la liberazione dall’Egitto, il deserto della diaspora babilonese) doveva cercare di recuperare la memoria del suo incontro con Dio purificandola dalla schiavitù dell’Egitto. Anche noi cristiani oggi desideriamo far nuovamente la comunione quando il Signore notte e giorno è stato per secoli nel tabernacolo dimenticato; avevamo dimenticato che in mille e mille modi abbiamo lasciato solo il Signore; avevamo dimenticato quanto fosse importante la stretta di mano e quella mano che ci benedice; abbiamo curato i nostri affari dimenticandoci dell’unico vero affare della nostra salute: la salvezza. Quante volte pur avendo mangiato il pane della vita, abbiamo sprecato quel pane continuando ad essere gli stessi, senza aver preso sul serio la possibilità che il Signore poteva dare all’uomo la forza di cambiare! Questo deserto sta smascherando una normalità che non è poi così tanto bella; sta togliendo le maschere a ciò che noi chiamiamo normalità. Qual’era questa normalità per noi cristiani? Una chiesa con mille messe e nessuna messa, molti cristiani battezzati che non davano nessun valore alla messa domenicale o peggio la usavano come usano andare al supermarket per avere messe per i defunti e sacramenti (vedi prime comunioni, matrimoni, battesimi). A proposito, sapete perché la gente non celebrerà sacramenti in questo periodo (battesimi, matrimoni , cresime, prime comunioni non sono vietate)? Per il virus? No! Perché non si può fare la festa! Per questo, dopo la celebrazione non potranno sparire perché sono già spariti! La normalità per noi cristiani erano messe a tutti gli orari per comodità (a proposito la proposta di dire una messa ogni ora con 10 persone? Assurdo! Produrre messe come le pizze! Otteniamo lo stesso effetto di prima). La normalità per noi cristiani era essere parcheggiati sui banchi aspettando il finale della messa e tornare nel mondo a fare del male, a chiacchierare e distruggere la vita della gente! Chi mai poteva fermare tutto questo per farci riflettere? La Cei? Il Papa? No! Un piccolo virus, inerme, invisibile, che essendo più aggressivo degli altri ci permette di aiutarci a riflettere sullo stato delle nostre comunità. Questo piccolo amico ha smascherato anche il frutto di tanti incontri, formazioni, che a livello mentale portavano beneficio ma nella vita no perché siamo sempre rimasti quelli di sempre. Abbiamo fatto crescere cristiani o pieni di tradizioni e devozioni (oggi sembra che i Santi non rispondano più a certe cose) o cristiani rinchiusi in piccoli circoli chiusi (eletti, che avranno il privilegio di partecipare alle messe privè con poca gente) e oggi ci troviamo con cristiani che non desiderano l’Eucarestia per cambiare sul serio, ci troviamo con cristiani che vivono come gli altri e appoggiano anche idee non cristiane, cristiani che non amano ascoltare e vivere la parola, cristiani che abbracciando il comandamento nuovo di Gesù e amano distruggere la vita degli altri, cristiani che hanno paura della morte e non vivono nella fede la perdita dei cari (ho sentito dalla bocca di qualcuno ricordando i propri defunti: dovunque tu sia ricordati di noi!). Qual è la preoccupazione oggi? Ritornare a ripetere tutto questo! Addirittura mettendo un sacerdote nella condizione di dover scegliere chi far partecipare alla messa! A prenotazione! Si stava meglio quando si mangiavano le cipolle d’Egitto! Una memoria più succulenta, più buona, ma schiava. Israele desiderava ritornare a mangiare meglio ma nella schiavitù!

Riconquistare:

usando nuovamente questa icona biblica di Israele che ha vissuto nel deserto, possiamo attingere delle indicazioni molto belle. Il tempo di Israele nell’Egitto riletto alla luce del suo ritorno è stato un tempo prezioso. Se leggete il libro dell’Esodo trovate questa espressione ripetuta più volte e che sempre ci ha fatto torcere un po’ il naso: “E il Signore indurì (ostinò) il cuore del faraone”. Cosa molto strana dato che per gli Ebrei Dio era con loro e li stava liberando. Se ci pensiamo bene però questa espressione è una chiave di lettura molto bella: Israele deve imparare a capire che la libertà è un dono di Dio, la figliolanza è un dono e non il frutto delle proprie forze. I nostri figli non hanno la capacità di capire il valore di un dono, di una cosa comprata con la propria fatica se i genitori non lo insegnano. Così Israele nel tempo del deserto deve imparare a scoprire Dio, deve “reimpararlo”. Farà molti errori: l’idolatria (vitello d’oro), la bestemmia (meglio quando eravamo in Egitto), i capricci personali (volevano il pane, volevano la carne, volevano l’acqua). Israele dovrà anche confrontarsi con l’impotenza del loro Dio davanti alle divinità babilonesi che lo avevano reso schiavo e deportato. Si, questo grande tempo è una scuola per questo popolo. Ma il tempo del deserto è stato tempo di grandi conquiste: Israele durante il periodo dell’esilio compilerà le scritture, il pentateuco, troverà le risposte a quello che sta accadendo, custodirà nei piccoli clan tradizioni, racconti e parole che formeranno l’ossatura del proprio rientro, imparerà che la fede può essere vissuta anche senza il tempio e le forme a lui più care (l’arca e il tempio furono distrutti). Insomma questo deserto non è proprio male. Questo tempo anche per noi farà molto bene. Abbiamo visto quanti segni di vita nella chiesa stanno nascendo: quanta energia ho visto scatenarsi! Finalmente una chiesa viva, la chiesa è viva! Poi per carità ho visto anche cose orribili di superstizione, di divisioni che non hanno nulla a che fare con la Chiesa, ma voglio sottolineare il positivo: ho visto attraverso chat, messaggi, live, telefonate, in mille modi ho visto cristiani e soprattutto preti anziani ingegnarsi per trasmettere il vangelo, la parola, i sacramenti! Sono tutti segni di risurrezione e di vita! E poi onore  a quelli che continuano imperterriti a lavorare negli ospedali, medici,  infermieri, paramedici, onore a quelli che ci portano il cibo nelle case, quelli che sono rimasti aperti, alle farmacie; onore a tutti voi che ci date la possibilità di resistere! Vedo gente pregare, partecipare alle catechesi online, gente che vuole sapere, conoscere, che vuole capire questo Dio. Gente che ha sete! Per non parlare di tutto l’aiuto che ci stiamo dando! Questi sono segni di resurrezione! Questo virus ci ha tolto la terra sotto i piedi per  farci capire: su cosa hai fondato la tua vita? Che cos’è per te veramente importante? Cosa è per te essenziale in questa vita? La Risurrezione è questo! Questo tempo è un tempo di riconquista: diceva mia nonna che quando non si aveva nulla in casa ci si voleva più bene! È così, lo stiamo toccando con mano! La solidarietà, il sentirci chiesa anche se lontani e divisi, sentirsi chiesa pur non facendo tutto quello che facevamo prima anzi desiderandolo in maniera nuova, è vita! In molti modi e per chi ha voluto, la propria casa è diventata la chiesa domestica! Erano sessant’anni che ce lo stavamo dicendo! C’è un grande rischio però: la fretta di uscire da questo deserto. Non facciamo l’errore di voler ritornare a fare tutto come prima come se tutto quello che facevamo prima ci facesse essere chiesa. La fretta di uscire porterà in chiesa cristiani maturi? Cristiani diversi? Cristiani che fanno della fede la visione della propria vita? Cristiani che non useranno la comunità come il bancomat? Non capisco invece di farsi sentire su messe e funerali (che con il tempo torneranno alla ritualità di  sempre), non ci facciamo sentire sulla riapertura delle slotmachine, del superenalotto da parte del governo in un tempo in cui molti si stavano disintossicando! Purtroppo la nostra memoria è ancora ammalata di Egitto e non dobbiamo correre il rischio di uscire troppo presto da questo deserto non solo per il contagio ma anche e per la nostra memoria!

Ritornare:

come dovrebbe essere il ritorno? Proviamo a vedere con semplicità quale è il nostro futuro di ricercatori del vero Dio. Voglio bonariamente immaginare come ritorneremo piano piano nella vita ecclesiale.

Il ritorno del galateo. Ci siamo scomodati per due mesi per senza niente perché abbiamo preso un abbaglio in questi giorni e ci sforzeremo a rifare tutto, forse con meno gente, ma meglio ritornare e rassicurare la gente che è stata solo una grande parentesi nella nostra vita. Il virus è uno come gli altri che nella storia hanno destato un po’ di preoccupazione ma grazie a Dio è finita. Della serie: l’esperienza che abbiamo fatto la teniamo per noi. Purtroppo non sanno tutti questi quanto questa esperienza potrebbe anche cambiare la vita di tutti quelli che aspettano una parola nuova.

Il ritorno ritmato sulla parolaccia “ormai”, alla maniera dei due di Emmaus. Torniamo alla vita di tutti i giorni con i verbi tutti all’imperfetto: speravamo, ma non è successo niente; credevamo, ma alla fine siamo ancora come prima; abbiamo visto e sentito, ma è impossibile ripeterne la magia. Questo “ormai” è una pietra tombale che si colloca su tutte le speranze che Dio accende. Di pietre tombali di questo genere ce n’è una fabbrica in ogni paese, ne fanno di tutti i tipi e te le offrono pure gratis gli amici, i genitori, spesso anche i tuoi educatori o i preti.

Il ritorno: c’è tutto da cambiare per tre giorni e “chi te lo fa fare?”. Abbiamo fatto nuove esperienze, ho letto la parola, ho imparato a pregare, sento Dio più vicino in famiglia nelle mille forme, mi voglio impegnare. Poi ti guardi intorno e dici: “Da me non c’è niente, c’è proprio tutto da cambiare: modo di vivere assieme, interessi, tempi di riflessione, preghiera…” Ma chi te lo fa fare?

Il ritorno in virtuale: mailing list, sms, chat e digitali. Ottimo la chiesa sul web! L’effetto chiesa è diventato tutto e solo virtuale. Raccontare, scrivere è sempre meglio che grugnire con monosillabi come quando si fa relazione ai genitori di quello che si è provato, ma raccontare di una adorazione è ritrovare l’adorato, vederlo vivo che ti aspetta nella concretezza della vita, oltre il virtuale.

Il ritorno dell’ite missa est: della serie è stato bello essere assieme in questo modo nuovo, meno male che è finita. E’ stato proprio bello, ma ogni cosa ha una fine. L’esperienza sarà irripetibile, ma purtroppo diventa improponibile ogni chiarezza acquisita, ogni approfondimento di fede raggiunto, ogni conversione iniziata. Ci voleva un’esperienza diversa dalle solite occupazioni di tutti i giorni, dalla vita di studio, dagli impegni di lavoro, ma la vita non può sempre essere così. Ce n’è un’altra parte che non ha niente a che fare con questa. E’ quella quotidiana.

Il ritorno ai soliti idoli, più o meno cattolici. Gesù in questi mesi lo abbiamo sentito ma meglio ritornare ai nostri idoli, ci danno più sicurezza. Un Dio che ci custodisce, che ci tutela è meglio di un Dio che condivide, soffre e sta li a fare le cose con te! Oppure torniamo ai nostri idoli, i nostri stili, le riunioni frenetiche, la moto, l’automobile, lo stereo, la forma fisica, l’immagine, la stima, la giovinezza, la forza, la prestanza, la salute, la natura, i soldi, il sabato notte, il corso, la disco… Ci riempiamo di nuovo di cose cattoliche, stai a gestire la sagrestia, ma non ti appassioni alla fatica per trovare la vera felicità, la vera fede, Gesù.

Spero di no. Allora come dovrà essere il nostro ritorno? Solo alcuni spunti per poter attualizzarli e concretizzarli.

  1. Adoratori di un Dio esigente in Gesù, nelle pieghe di ogni vita, in spirito e verità

Adorare è una impostazione nuova di tutta la propria vita nella direzione di quel Dio che si adora, di Gesù. E’ fare ordine nella propria vita, nei propri affetti, nelle proprie intenzioni perché ne è stato trovato il centro, il punto più alto, la meta. E’ dire a tutti che il nostro corpo, la nostra intelligenza si piegano, ma solo a Lui. Non è il danaro che ci farà piegare, non è il datore di lavoro o il professore, da cui spesso dipende il nostro benessere, non è nemmeno l’amato o l’amata, anche il più puro e il più sacro. Non sono i sacramenti ne le celebrazioni moltiplicate come pizze che ci faranno adorare Dio. Anzi proviamo a celebrarli veramente in modo diversi senza contorni costruiti da noi. Spesso siamo infelici perché anche in Chiesa abbiamo moltiplicato le adorazioni, crediamo che la nostra vita possa inginocchiarsi davanti a tutti e a tante cose. No, ci si inginocchia solo davanti a Dio. Piegare le ginocchia non è un gesto di galateo, ma decisione di mettere la vita a servizio di Dio, riconoscerne la assoluta necessità nel nostro vivere quotidiano e essere sicuri di avere un Padre Onnipotente. Tu che pieghi le ginocchia sei un uomo o una donna nella sua grandezza, nella sua dignità, nello splendore dell’essere l’immagine di Dio. “L’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato”, dice il Salmo. Non c’è cosa creata che tenga, solo Dio merita la nostra adorazione. E solo questa adorazione si porta dentro la pienezza della nostra felicità. Questa adorazione parte da te , dalla tua famiglia, dal tuo stile di vita e non dal ripopolare la chiesa. Ci sono delle evidenze da cambiare subito a partire da te. Le conquiste di questi giorni ti hanno fatto capire che sei tempio, sei la casa di Dio, tu e non le mura! Tieniti stretto questa conquista e vivrai la tua fede in modo diverso.

  1. Contemplatori del suo volto

Colui che adoriamo ha un volto come il nostro, ha occhi che sanno guardare con amore, ha orecchi che sanno ascoltare con pazienza, ha un sorriso che scioglie ogni nostra cattiveria, ha uno sguardo che penetra nel profondo delle nostre vite. Si commuove, piange di gioia e di tristezza, aspetta e sospira, accarezza e accoglie. E’ il volto di Gesù che chiama i discepoli, che stana Natanaele dalle sue sicurezze, che convince Pietro ad andare oltre le sue debolezze e impetuosità e a lasciare il suo lago. E’ Gesù che ci provoca continuamente: “Non sono un guaritore, non sono una riserva, non sono quello che fa i miracoli, non sono il tuo orsacchiotto di pelouche, sono l’amore di Dio fatta persona”. E’ il volto intenso, che convince, ma non blandisce nè costringe, che sostiene la libertà mal giocata del giovane ricco. E’ quel volto che anche oggi ti lancia quella scarica di verbi: va’, vendi, regala, vieni e seguimi. L’adorazione non è girare i tacchi, ma seguirlo. E’ il volto drammatico del Crocifisso, di colui che si dona fino all’ultima goccia. E’ quel Figlio di Abramo innocente che mentre sale il Calvario dice a suo Padre: qui c’è la legna, qui c’è il fuoco, ma la vittima dove è? Se è possibile passi da me questo calice…Il ritorno di quelli che studiano, leggono, imparano e vedono il volto di Cristo, nei sacramenti, nella parola e nei fratelli. E’ Gesù che motiva ogni nostra fatica, in Lui troviamo ragioni di vita da giocare e da proporre. Gesù è una persona che ti invade la vita, che vuoi ascoltare e seguire, con cui lottare e stare in compagnia. C’è una vita di preghiera, di ascolto della Parola; ci sono momenti importanti in cui ti “ritiri sul monte a pregare”, ad affidare al Padre la tua vita. C’è una esperienza di salvezza che sta solo in Lui e che devi abitare.

  1. Annunciatori della bellezza incontrata

 

Il mondo è pieno di gente che ha sete di Dio e non c’è nessuno che l’aiuta a spegnere la sete a una sorgente; c’è tanta gente che spera in una salvezza e deve fare la fila dai maghi; molti sentono il bisogno di avere certezze e si rivolgono agli oroscopi; molti giovani hanno domanda di Dio e si vedono rifilare solo la droga o la birra; tanti uomini e donne desiderano il perdono, la pace interiore, e si devono accontentare dei calmanti. Tutti cerchiamo un senso alla nostra vita, una risposta alle nostre domande più profonde e spesso siamo costretti a vivere alla giornata. E’ necessità di avere qualcuno da adorare, ma sono disponibili sempre e solo idoli, inganni, placebo. Il coronavirus questo ce lo avrebbe dovuto insegnare. Aiutiamo a trovare la strada. Gesù ha incontrato tutte queste domande e le aveva esaudite, ma sentiva ancora più a fondo questa sete incoercibile; la gente che incontrava gli faceva compassione, gli strappava il cuore. Per questo ha preparato quel suo gruppo sparuto di pescatori, di gente semplice. Andate, non vi preoccupate, non v’organizzate con soldi o previdenze. È troppa l’urgenza: parlate, condividete, guarite, alleviate sofferenze, date segni della salvezza che vivete e fate tutto gratuitamente. C’è ancora qualche giovane che percepisce questa sete, che è disposto a lavorare in questa messe? O facciamo finta di niente? Occorre offrire cenacoli per sentinelle del mattino, luoghi di convivenza nel mondo del quotidiano per disintossicarsi e per prendersi in mano la vita, laboratori di adorazione, che diventano spazi di discernimento e di difesa dagli idoli. Impariamo a mettere in programma almeno un’esperienza in terra di missione, oppure una settimana di esercizi spirituali. Programma una palestra di spiritualità nella tua vita! Non programmiamo più solo liturgie! Le nostre associazioni e movimenti, i nostri gruppi non possono trasformarsi in idoli da coltivare, ma devono diventare spazi di adorazione per annunciare, per far stare le persone e i giovani con la gente!

  1. Consapevoli di essere popolo sacerdotale, profetico e regale

Siamo una chiesa, un corpo, non una struttura di dirigenti che calano decisioni ed iniziative! I diritti individuali fanno crescere spesso solo gli avvocati e gli assicuratori se non sono collocati entro la consapevolezza di essere un popolo fatto di persone, amate e stimate da Dio, capaci di comunione e di collaborazione, di servizio e di donazione, di rinuncia e di intelligenza per il bene comune. Amiamo senza condizioni la chiesa, come la strada unica e vera per incontrare Gesù, per avere il suo perdono, il suo corpo e il suo sangue, la sua parola, la sua grazia. Non ci interessa se ha qualche ruga di troppo; è quella che le abbiamo procurato noi, come a nostra madre. Non vogliamo costruirci delle comunità gruccia, cui appendere le nostre attese, in cui possiamo anche star bene tra di noi, ma vogliamo stare nelle nostre comunità, nelle stesse parrocchie costringendole a non chiudersi ma a mettersi in rete. Il mondo delle famiglie e il mondo giovanile hanno bisogno di ridare un assetto diverse alle collaborazioni tra le nostre comunità cristiane. E’ la rete dello Spirito, del Corpo e del sangue di Gesù, della sua chiesa. Questa rete passa anche per il web!

 

Molte volte sono rientrato in camera da letto la sera togliendo l’abito talare, appendendolo e dicendo: “Neanche stavolta hanno capito nulla!”. purtroppo un senso si sfiducia mi assale. Signore mi dispiace dirti che dopo tutto questo scoprirai che l’uomo è lo stesso, che l’uomo non vuole quello che vuoi tu, che l’uomo farà ancora una volta a meno di te, che l’uomo farà digiunare te della sua presenza ancora una volta! Spero di sbagliarmi questa volta! Fa o Signore che da questa prova possiamo uscire più maturi in umanità e più veri nella fede!

 

 

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