Il referendum costituzionale del 29 marzo 2020 sul taglio dei parlamentari è una battaglia politica di importanza cruciale per tutti, gli antifascisti, i democratici e i progressisti. Dietro la soppressione di oltre un terzo dei parlamentari, presentato demagogicamente come “taglio alle poltrone” per colpire i “privilegi della casta”, risparmiare i soldi dei contribuenti e migliorare “l’efficienza” del parlamento, si nasconde infatti il vecchio disegno neofascista e piduista di tagliare la democrazia e l’elettoralismo borghesi per spianare la strada a “governi forti” e al presidenzialismo.
La legge che taglia da 630 a 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 i senatori, pari a un taglio di ben il 37% di rappresentanti per ciascuna Camera, è stata voluta e promossa dal Movimento 5 Stelle, che ne ha fatto un suo cavallo di battaglia.
Un vecchio disegno della destra fascista e piduista
Bisogna riandare al ventennio fascista per trovare un esempio di una tale mutilazione del parlamento. Il taglio dei parlamentari, insieme all’abolizione del bicameralismo perfetto, ricompare poi nel “Piano di rinascita democratica” di Gelli. E da allora lo ritroviamo regolarmente in tutti i tentativi di controriformare da destra la Costituzione: tentativi tutti andati a vuoto fino alla legge attuale, che realizza dunque, uno dei capisaldi del piano golpista della P2.
Come viene tagliata la rappresentanza
Il taglio dei “privilegi della casta” e dei “costi della politica” è solo un pretesto demagogico per turlupinare le masse. Il risparmio per i conti pubblici è stato calcolato in circa 50 milioni, pari allo 0,007% del bilancio statale, neanche un caffè all’anno per ogni italiano. E comunque, se davvero si voleva tagliare la spesa e i privilegi di deputati e senatori, perché non si è scelto di tagliare direttamente i loro lauti stipendi? Tagliando il numero dei parlamentari si è scelto invece di ridurre drasticamente la rappresentanza popolare, dal momento che si passerà da 1 deputato ogni 96 mila abitanti a 1 deputato ogni 151 mila, collocando il nostro parlamento all’ultimo posto in Europa come rapporto parlamentari/abitanti, mentre adesso è sostanzialmente allineato a Francia, Germania e Regno Unito. E senza con questo aver diminuito realmente la spesa pubblica né tanto meno ridotto i privilegi dei singoli parlamentari.
Un parlamento indebolito e subalterno al governo
È falso anche che il taglio dei parlamentari aumenterà l’“efficienza” delle Camere, anzi è vero il contrario: le Commissioni parlamentari scenderebbero da 20 componenti a 12 o 13 alla Camera e a 4 o 5 al Senato, col risultato di non veder rappresentati i partiti minori e di rischiare la paralisi per l’aumento dei carichi di lavoro per ciascun componente. Con un parlamento mutilato di un terzo, l’elettore perde ogni possibile controllo sul parlamentare eletto, apre perciò la strada a prossime e più facili manomissioni costituzionali e al presidenzialismo. Come voleva la P2 e come auspica oggi anche il grande capitale finanziario e massonico internazionale. Non a caso Berlusconi e la Meloni sono tornati a chiedere con forza l’elezione diretta del presidente della Repubblica.
Perché bisogna non astenersi e votare NO
Per tutto quanto detto noi marxisti-leninisti consideriamo cruciale e irrinunciabile questa battaglia referendaria, e invitiamo in particolare gli astensionisti di sinistra a non disertarla ma a parteciparvi in prima fila, combatterla fino in fondo e andare alle urne per votare NO.
Stralci del Documento del Comitato centrale del PMLI, del febbraio 2020, a cura dell’Organizzazione isola d’Ischia del Pmli