Quando conobbi Mercede, a Fontana, entrando nel suo mondo grazie all’intercessione di Silvia, che lei guardava con cura amorevole, si aprirono mille libri da sfogliare, uno dentro l’altro: la sua minestra “salva gioia”, antidoto naturale a tempi cupi, ricavata dalle erbe spontanee dell’Epomeo, e un aneddoto dopo l’altro, filastrocche in versi degne di Rodari e quell’ospitalità sincera e incondizionata che forse abbiamo perso, sopraffatti dalle logiche del guadagno.
Oggi Serrara Fontana e l’isola d’Ischia perdono un’icona e un simbolo, uno di quei motivi per cui vale la pena esserci e scoprire Ischia, ché qui – nei suoi volti veraci e in quello che oggi si chiama storytelling – risiede la sua straordinaria anima, non sulle sue spiagge né negli alberghi tirati su, uno dopo l’altro, per collezionare camere da offrire al disincantato e distratto turismo di massa.
La sua terra le sia lieve.
TESTO E FOTO Pasquale Raicaldo