Dopo un lungo e delicato intervento sono state finalmente rimosse reti fantasma che intrappolavano centinaia di specie marine nei fondali del Golfo di Napoli.
Le reti da pesca abbandonate, conosciute anche come reti fantasma, rappresentano una seria minaccia per l’ambiente marino: lasciate alla deriva o perse accidentalmente, continuano a intrappolare pesci e altre creature marine per lunghi periodi, compromettendo l’ecosistema.
Intrappolati senza possibilità di fuga, i pesci e altri animali marini finiscono per morire nelle reti, alterando l’equilibrio naturale e causando danni alla biodiversità. Oltre ai pesci, possono restare impigliati anche tartarughe, cetacei e uccelli marini.
Le operazioni di bonifica delle acque sono avvenute al largo di Bacoli ed hanno portato alla rimozione di due grandi reti da pesca fantasma, che erano rimaste incagliate in profondità tra i 25 e i 70 metri. Queste reti, ormai inutilizzate e abbandonate, rappresentavano una grave minaccia per l’ecosistema marino, intrappolando un gran numero di pesci e altre specie ittiche. L’operazione, coordinata dalla guardia costiera di Pozzuoli sotto la guida del comandante Edoardo Russo, ha visto la partecipazione del nucleo sub dei carabinieri, di volontari della Lega Navale e dell’associazione Sea Shepherd, a bordo della nave «Sea Eagle», specializzata nella rimozione di reti fantasma in tutto il territorio italiano.
La bonifica si è svolta in due aree specifiche: il Banco di Miseno e la secca di Penta Palombo. L’intervento non solo ha liberato i fondali marini da questi detriti pericolosi, ma ha anche permesso il rilascio in mare di centinaia di pesci, molluschi e altre creature marine rimaste intrappolate nelle reti. Questo tipo di operazioni è fondamentale per preservare la salute dell’ecosistema marino e garantire la sicurezza delle acque italiane, liberandole da minacce invisibili che danneggiano la fauna marina
I pesci che muoiono nelle reti possono anche attirare gli spazzini che rimarranno a loro volta catturati nella stessa rete, creando così un circolo vizioso.
Se ben ancorate, perché impigliate su rocce, coralli o relitti, le reti perse possono funzionare alla massima efficienza di pesca e avere catture di pesca fantasma elevate. È difficile stabilire con esattezza l’impatto delle “reti fantasma” su specie ittiche di interesse commerciale, ma certamente il danno agli stock ittici è non indifferente.
Inoltre un’enorme quantità di mammiferi marini viene ferita o rimane impigliata in queste “reti fantasma” che continuano a catturare per anni indiscriminatamente anche specie in via di estinzione. E c’è dell’altro. La decomposizione dei moderni attrezzi da pesca sintetici in mare contribuisce in modo significativo al problema dell’inquinamento da plastica perché rilascia tossine ed entra nella catena alimentare causando ulteriori impatti sulla vita marina. A differenza degli attrezzi da pesca realizzati con materiali naturali come legno, canapa e cotone, come avveniva fino a pochi anni fa, gli attrezzi attuali in nylon, polistirolo e plastica si decompongono in componenti abbastanza tossici.