giovedì, Marzo 6, 2025
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ISCHIA CALCIO E L’ADDIO A BRUNO PIZZUL , GIALLOBLU’ NEL 60/61



La SSD Ischia Calcio dedica il ricordo a Bruno Pizzul nella giornata della sua dipartita.

Professionale, preciso, competente ma anche ironico. “Arrivavo dal Catania, si aspettavano un grande calciatore: delusi le attese, chiedo tardivamente scusa. In compenso scoprii il vino Biancolella, uno dei miei preferiti”, disse nel 2018 mentre stava per ricevere il Premio Ischia Internazionale per il giornalismo sportivo, riferendosi alla sua breve ma intensa parentesi nell’Ischia Calcio di Filippo Ferrandino. 

Il mondo del calcio piange Bruno Pizzul, icona del giornalismo sportivo, per anni  telecronista delle sfide della Nazionale di calcio (dal 1986 al 2002) e delle principali partite della Coppa dei Campioni e dei big-match della Serie A. Classe 1938, friulano doc cresciuto col sogno di diventare calciatore, Pizzul l’8 marzo avrebbe compiuto 87 anni.

Pizzul arrivò a Ischia nel 1960, quando l’Ischia si apprestava a disputare il campionato di Serie D dopo la fusione con la Bagnolese. Bisognava riscattare la retrocessione della stagione precedente. Salvatore Di Meglio, Lillino e Giuseppe Abbandonato, Ernesto Milano, Abramo De Siano, Raffaele Lupoli, Renato Tonon, Enrico D’Innocenti, Antonio e Ciro Barile, Giuseppe Zampillo alcuni dei compagni di squadra di Bruno Pizzul (soprannominato “Canna di zucchero”) che non ha mai dimenticato quella annata in gialloblù.

All’ìndomani della storica promozione in Serie C/1 (1986/87), Pizzul scrisse una lettera d’amore per sottolineare l’impresa di Franco Impagliazzo e compagni. “Ed è arrivato anche il gran giorno dell’Ischia: il calcio isolano festeggia, con legittimo orgoglio, la promozione in serie C1. Io chiedo il permesso di associarmi – scrisse Pizzul – nel ricordo di un’ormai lontana e fugace milizia nelle file del calcio ischitano. Arrivai in prestito dal Catania, nell’autunno del 1960, avevo un ginocchio in disordine, poco più di vent’anni, la consapevolezza che non sarei diventato un campione: accettai dunque quel trasferimento con entusiasmo, se non altro perché mi avrebbe consentito di giocare ogni domenica. La squadra disputava il campionato di quarta serie, andava maluccio e il mio arrivo, contrariamente alle speranze di dirigenti e tifosi, non determinò alcuna inversione di tendenza. Rimasi nell’isola una breve stagione, prima di tornare a Catania, ma quel rapido soggiorno fu sufficiente a farmi conoscere ed apprezzare il fascino di Ischia, splendida di paesaggi e calore umano soprattutto quando non è soffocata dalle orde disordinate e distraenti dei turisti. Rammento in particolare i continui e spesso avventurosi viaggi in traghetto per le trasferte e per la frequenza all’università di Napoli: quel braccio di mare allo scoperto, tra Procida e Capo Miseno, d’inverno diventa insidiosissima e più di una volta l’imbarcazione era costretta a tornare al coperto. Ma ricordo pure quel gran signore di Filippo Ferrandino, che era un po’ il riferimento obbligato del calcio ischitano, i compagni tra i quali figurava Ernesto Milano, il professore che adesso fa il fisioterapista alla scuola di calcio di Bruscolotti (dopo esser stato anche al Napoli), il campetto di Porto d’Ischia, lassù tra i pini con la gente a mezzo metro dal campo, a soffiarti addosso il suo entusiasmo, la sua disapprovazione. Era un calcio ruspante, quasi paesano, fatto di umori genuini: non conosco l’attuale realtà, ma suppongo che qualcosa di quella spontaneità sia rimasta nel mondo del pallone ischitano che ora s’affaccia alla grande ribalta. Sì, perché la serie C1 comincia a essere un palcoscenico di tutto rispetto. Il presidente Fiore può esser fiero dei suoi ragazzi ai quali chiedo di accettare il mio sincero compiacimento”.

Bruno Pizzul va via nel giorno dedicato a San Giovan Giuseppe della Croce, Santo Patrono dell’Isola: se non è legame questo…

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