Ischia ha perso un grande artista, una bella persona. Amato da tutti, conoscenti e non. Miro Iacono, anche se da lontano e magari senza avergli mai stretto la mano, lo conoscevano tutti, i quantomeno avevano avuto la possibilità di apprezzarne le indiscusse e numerose doti. Un brutto male l’ha portato via. Oggi l’ultimo saluto a Miro, noi abbiamo chiesto a chi lo conosceva molto bene di raccontarlo in qualche riga. Chi meglio di Pasquale Raicaldo, giornalista professionista e grande amico di Miro poteva lasciarci un ricordo. Eccolo:
Miro, che sapeva guardare oltre
Avevo già imparato a non vuotare mai il pozzo della mia fantasia, ma a fermarmi sempre quando c’era ancora qualcosa, là in fondo, e a lasciare che tornasse a riempirsi durante la notte con l’acqua delle sorgenti che lo alimentavano.
Ernest Hemingway
Miro sapeva guardare oltre. Sempre. I piedi piantati per terra, gli occhi – sorridenti – verso la luna e il mare, le nuvole e l’incanto. Dove non c’era, lo sapete tutti, lo immaginava. Rendendoci tutti privilegiati spettatori del suo mondo, che diventava per magia un po’ nostro, come accade con chi è veramente artista. E il suo talento non era soltanto quello di chi sa fotografare e plasmare i suoi scatti assecondando una inesauribile vena creativa. No, il suo talento era soprattutto l’immaginazione. Miro immaginava l’isola che c’era e quella che non c’era. E lo faceva non per mero esercizio, ma perché realmente appassionato al bello. Ciò che stonava – dagli obbrobri in giro per Ischia all’inciviltà sempre più diffusa – gli dava quel fastidio che noi tutti dovremmo provare, anziché voltare – come spesso facciamo – la faccia dall’altra parte. Il suo fotoritocco era l’accorato appello di un uomo innamorato di Ischia, della natura e dell’incanto al punto. Non sempre lo abbiamo ascoltato.
Miro è stato soprattutto un grande amico. Abbiamo condiviso passeggiate e lune piene, tisane calde e spaghettate nel bosco. Ha saputo farsi stressare provando a nascondere il fatto che in fondo gli piacesse dare una mano, generoso come pochi.
Fotografie, storie, fotomontaggi, il faro di Punta Imperatore, la Pelara, Richard Gere che sbarca a Ischia (chapeau, ci cascarono tutti) e i tirannosauri a Cava dell’isola, la gita coi bimbi alla Mortella e al Castello, le giornate sui set de “L’amica geniale” o “Men in black”.
Mi ha cambiato il guardaroba con un click e mi ha fatto inghiottire da squali e dinosauri, accarezzare delfini, recitare in film indiani. Abbiamo vissuto storie fantastiche, e oggi quasi fatico a distinguere tra quelle vere e quelle immaginate. Ma in fondo mica serve?
Ischia perde la sua elegante bellezza, ma anche l’attento spirito di osservazione di uno sguardo non omologato, eppure così meravigliosamente sobrio in tempi in cui la denuncia deve essere gridata, ostentata e soprattutto violenta. E’ anche per questo, in fondo, che con i social viveva un rapporto di odio e amore e rifuggiva quella popolarità che pure meritava, rimproverandomi spesso di averlo reso, per così dire, famoso. Tutte le persone che in queste ore lo hanno ricordato lo hanno, tutti indistintamente, apprezzato o amato per quel che era: la semplice genuinità di un Peter Pan in bicicletta (“no, davvero: quanti anni hai?”, gli dicevano tutti) che amava la libertà non per vezzo, ma per sincera convinzione, percorsa fino all’ultimo giorno terreno.
Lo spaghetto sugli scogli a San Pancrazio, le sue fughe – reali o immaginate – lontano dal caos, gli occhi che si illuminavano quando cercavamo insieme “belle storie e belle persone”, spesso trovandole. Spesso compiacendoci. “Questa è l’isola che amo”, diceva. E quando non c’era bisogno di Photoshop, ci sentivamo tutti un po’ più felici. Zio affettuoso, figlio amorevole, amico impareggiabile. Mancherà a tutti, anche a chi non l’ha conosciuto. E a noi, amici privilegiati o semplici destinatari della sue fantasmagoriche creazioni, non resta che appellarci a una frase di Romano Battaglia: la Fantasia può aprire la porta dell’eternità.
Pasquale Raicaldo
ALCUNI FOTOMONTAGGI